Il “Riposo durante la fuga in Egitto” di Orazio Gentileschi

di Alessio Fucile

Ti presento «Riposo durante la fuga in Egitto» del pittore Orazio Gentileschi, opera del 1626-28 e conservata nel Kunsthistoriches Museum di Vienna.

Riposo durante la fuga in Egitto – di Orazio Gentileschi

Il Vangelo di Matteo racconta che Giuseppe condusse Maria e il piccolo Gesù in Egitto dopo essere stato avvisato in sogno da un angelo in merito pericolo rappresentato da Erode. Il re infatti aveva ordinato l’uccisione di tutti i neonati della zona al di sotto dei due anni di età. Erode infatti temeva, a seguito delle rivelazioni dei Magi, di essere spodestato da uno di loro.

Descrizione dell’opera

Il pittore, la cui firma è posta in basso a sinistra, rappresenta con grande immediatezza e realismo lo sfondo della scena. Questa è costituito da un muro in ombra sul quale si proietta una lama di luce; colpisce la parete sbrecciata in alto a sinistra, i mattoni scoperti rimandano al realismo caravaggesco. Anche la cura delle vesti e la posizione dei personaggi dà un’impressione di naturalità. Grazie al senso di umanità che emana dalla scena e dai personaggi rappresentati, il dipinto ebbe da subito grande fortuna e fu più volto copiato.

Maria siede semidistesa per terra, sostenendosi con il braccio e con la mano posata sul pavimento; con l’altra mano abbraccia il piccolo Gesù, seduto sulle sue gambe mentre allatta al seno. Maria indossa un abito di semplice fattura e usa il mantello blu come tela su cui sedersi: il colore blu rimanda al cielo e alla divinità, commento alle parole che l’angelo Gabriele le ha rivolto all’Annunciazione: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e ti coprirà con la sua ombra».

Giuseppe invece, stremato per il lungo cammino, è sdraiato sulla sinistra e dorme appoggiato sul grosso sacco annodato che contiene le poche cose che ha potuto radunare prima della frettolosa partenza. Egli indossa una veste ocra-arancione e usa come telo su cui distendersi un mantello giallo, colore che allude sia alla sua appartenenza al popolo ebraico sia al cambiamento che è avvenuto nella sua vita dal momento in cui ha accettato di custodire e di prendersi cura di Maria ed il suo piccolo; ha la barba e capelli bianchi, a voler sottolineare la sua maturità e soprattutto il suo ruolo di padre putativo e non reale, in quanto quest’ultimo è «il Padre che sta nei cieli».

I tre protagonisti sono rappresentati come persone del popolo e chi ammirava il dipinto poteva facilmente identificarsi con ciascuno di loro.

Il piccolo Gesù è nudo, allusione alla verità della natura umana del Figlio di Dio; succhia il latte dal seno della madre mentre volge lo sguardo incuriosito verso l’osservatore, che è quindi personalmente coinvolto nell’evento.

Simbologie

Il taglio di luce che si staglia sul muro in ombra rappresenta la luce della grazia che guida il cammino della Sacra Famiglia e garantisce la loro salvezza. La Famiglia è composta da tre persone che non hanno rimandato e rinunciato alla partenza: benché partire richieda spesso coraggio e benché il viaggio possa essere scomodo, scoraggiante e irto di difficoltà, vivere è una partenza continua, un incessante lasciare qualcosa di certo per un’incertezza più vera. Il viaggio può comportare sofferenza, ma si tratta della sofferenza che proviene dalla ricerca, dall’uscire dai luoghi comuni per seguire l’ispirazione interiore. Lo stesso Dio ha sperimentato questa sofferenza nel piccolo Gesù, che ha provato la condizione del profugo, del fuggiasco, del disagiato.

L’episodio insegna come molto spesso, nella vita, la sofferenza sia il prezzo da pagare per arrivare alla propria destinazione; ciononostante, nel momento in cui la si accetta come parte della propria condizione esistenziale, essa non è più un intralcio o un inconveniente in quanto diventa elemento essenziale della vita. Il dipinto invita allora a vivere le proprie sofferenze fino in fondo al fine di scoprire la stilla di luce che si nasconde anche nella separazione, nelle partenze, nel dolore, nell’abbandono e perfino nella lacerazione familiare.

Ti auguro il coraggio di metterti alla ricerca, di lasciare il noto per conoscere l’ignoto.