di Riccardo Bramante

Nella prestigiosa sede di Palazzo Bonaparte a Piazza Venezia in Roma è in corso un’interessante mostra che presenta oltre 50 disegni e oli di Vincent Van Gogh. La mostra porta in exhibition opere forse meno conosciute ma altrettanto importanti del pittore olandese. Sono opere provenienti dalla collezione Kröller-Müller di Otterloo.

Nel percorso espositivo si dipana, attraverso i quadri, anche la vita di Van Gogh. In mostra molti suoi disegni che rivelano un acerbo artista alle sue fasi di esordio nell’attività pittorica. Un particolare merito va riconosciuto a Helene Kröller-Müller che intuì per prima le capacità artistiche di Van Gogh. Fu lei che ne collezionò diverse opere, donate poi nel 1935 allo stato olandese, che provvide a radunarle appunto ad Otterloo nell’omonimo museo intitolato alla fondatrice. Il Museo è come una seconda casa di Vincent van Gogh e con quasi 90 dipinti e oltre 180 disegni, costituisce per importanza la seconda collezione mondiale di questo artista.

Nato nei Paesi Bassi nel 1853 Vincent Van Gogh ebbe come noto una vita estremamente travagliata oltre che itinerante. In contrasto con la volontà del padre, fervente calvinista che lo voleva avviare sulla strada religiosa, il giovane Vincent abbandonò la casa paterna, per trasferirsi in un primo momento a Londra e subito dopo nel Borinage zona carbonifera del Belgio. In questo periodo si dedicò ad un’arte umanista, prendendo come riferimento soprattutto contadini e la povera gente di questo remoto territorio.

I suoi disegni però sono realizzati già con una tecnica mista, infatti non utilizzerà solo carboncini ma anche china e pastelli, preludio al passaggio alla pittura ad olio. Le nuance scelte in questo periodo ripercorrono quelle del movimento realista. Utilizza infatti colori ocra e quelli marroni come la terra, enfatizzando la fatica dei lavoranti attraverso tinte comunque cupe. Tinte che rappresentano anche il suo stato d’animo.

Conferma di questo stato d’animo, tendente alla tristezza, lo si ritrova non solo nei suoi quadri ma anche in tante lettere inviate al fratello Teo, alcune della quali accompagnano l’esposizione dei dipinti. Una ad esempio dice “invece di abbandonarmi alla disperazione, ho optato per la malinconia attiva per quel tanto che mi consentiva l’energia”.

Van Gogh si trasferì poi a Nuenen dove si infatuò di una prostituta chiamata Sien che per alcuni anni fu oltre che sua compagna anche sua musa e modella. Sono di questo periodo alcuni suoi disegni in cui la donna viene rappresentata sempre in atteggiamenti dolenti e pertanto vicini al suo sentire.

Si spostò poi ad Anversa dove conobbe la pittura di Rubens che però non riscosse il suo profondo interesse poiché lo trovava “superficiale, vuoto e ampolloso”. La svolta decisiva della sua vita artistica si verificò quando raggiuse il fratello Teo a Parigi. In questo contesto, in cui la capitale francese era al centro della cultura mondiale, imparò ad apprezzare la pittura impressionista e sperimentò quella puntinista con cui fece solo alcuni lavori poiché non corrispondente al suo sentire e velocità emozionale oltre che produttiva.

Il tratto pittorico cambia diventa più denso e appaiono anche le prime pennellate circolari che diventeranno uno dei simboli distintivo del genio di Van Gogh. In questo periodo particolarmente, molto importante fu l’amicizia con Paul Gauguin che lo iniziò alla conoscenza dei colori più vivaci. Vincent fu anche influenzato dalla frenetica vita Parigina che lo portò alla scelta di soggetti più attuali e rivolti alla società borghese.

La scoperta del colore lo spinse a trasferirsi in Provenza ad Arles dove le luci e le tinte mediterranee prenderanno la prevalenza nei suoi dipinti. Compare in modo prepotente il giallo, colore che gli regalerà l’immortalità per quella forza evocativa che diviene inno alla grandezza della natura. E’ stato questo il suo periodo più intenso come produzione artistica. Presero vita in quest’epoca i suoi dipinti più noti come “La casa gialla” e “La camera di Vincent ad Arles”.

Il suo stato di salute andò però man mano peggiorando tanto che a seguito di un forte momento di scontro con Paul Gauguin si tagliò il lobo dell’orecchio sinistro. Per questi suoi disturbi fu ricoverato a “Saint Remy de Provence”. Non potendo uscire iniziò a dipingere i paesaggi che vedeva dalla sua camera. Risale a questo periodo la celeberrima “La notte stellata” che viene ripreso in questo percorso espositivo anche nella sala immersiva dedicata ad una “emotional experience”.

Dimesso dall’ospedale psichiatrico Vincent si trasferì ad Auvers sur Oise dove conobbe il dottor Paul Gachet con cui trovò molte affinità. Di lui diceva che era più pazzo di se stesso, e questa “similitudine” del tratto malinconico lo ispirò per diversi ritratti.

Van Gogh si sente molto solo, rivolgendosi alla natura quasi fosse l’unica e ultima compagna a lui vicina.  Nei dipinti di questo periodo si percepisce l’impotenza dell’uomo di fronte alla forza della natura. L’uomo è piccolo ed è in balia di queste possenti forze, vento che scuote e che spezza rami così come anima.  

E’ qui che quasi come un presentimento Van Gogh dipinge “Campo di grano con volo di corvi”. Nel dipinto sembra incombere già la sua fine che si realizzò nel luglio 1890 quando si sparò proprio in mezzo ad un campo di grano.

Una mostra sicuramente da visitare integrata anche da un ottimo catalogo curato da Arthemisia che include le opere esposte.

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