La cosa che mi ha colpito sin dal primissimo ascolto è questa soluzione che impiegherebbe normalmente un istante (anche meno) a svendersi dentro percorsi decisamente più comodi. Non è trap, non è rap, non è hip-hop, non è canzone pop d’autore tout court. Ma allo stesso tempo è tutto questo assieme.

Andrea Piersimoni fa il suo esordio con un EP di 5 inediti davvero densi di fascino e di attenzione nella produzione: “Città pericolosa” è un concept se vogliamo, breve ma intenso, un viaggio introspettivo dentro e fuori di se. Il dualismo di cui parla – di confort zone come rifugio ma anche come costrizione – possiamo farlo nostro e modellarlo in base ai nostri contorni di vita privata. la potenza di una chiusa come “Non ho più paura” – probabilmente la tesi finale a cui si giunge dopo tanta immersione in se – è un dipinto notturno, polveroso, devastante nella produzione di voce – questa voce umana dentro retaggi digitali, questa voce fragile, il suo respiro che la rende estemporanea come fosse presa li al momento, al contempo prodotta, mirata, corale.

Dall’altro capo del viaggio c’è la intro “Aria”, bello il video, spinge forte verso una esternalizzazione del proprio ego, la voce che si impasta troppo forse a macchiarne l’intelligibilità, lo spettro di Bon Iver sembra una guida e non un mero modello estetico. Al centro 3 brani che si muovono in bilico come dicevo: suoni mai scontati per quanto sfoggiano arrangiamenti spesso già sentiti, dinamiche meno rilassate, meno eteree, più urbane e non di periferie, certamente tutto naviga a vista dentro percorsi notturni, privati…

Andrea Piersimoni si lascia sottolineare: personalmente lo trovo in questa pericolosa zona di confine dalla quale o amplifica la caratterizzazione o cade dentro il “pop” di qualsiasi genere porta con se. La mescolanza di tutto rende “Città pericolosa” un vero gioiello, un vero manifesto di coraggio senza la presunzione di aver inventato cose. Il trucco non è saper inventare ma saper essere se stessi. La strada è questa…