Non so cosa ne penserete voi ma questo nuovo disco di Biagio Accardi mi riconduce a legami primigeni, a momenti di naturale condivisione con me stesso. “Fai che accada” in fondo sembra puntare dritto a questo sentire, spirituale, sincero… è un suono puro, artefatto di produzione ma comunque privo di maschere. È un viaggio che vi consiglio di fare con il dovuto silenzio…
Secondo te il suono potrebbe curare? In che senso poi…?
Ci sono oramai evidenze scientifiche che confermano l’efficacia terapeutica della musica. Le vibrazioni agiscono attraverso una pluralità di sistemi sia a livello neurologico, psichico che fisico; raggiungono i nervi, gli organi e le cellule, che attraverso la via endocrinologica stimolano il rilascio di ormoni tra cui l’ossitocina. Ma sarebbero troppe le questioni da snocciolare sull’argomento per poterlo fare in questa sede, invito i curiosi a partecipare ai miei incontri di “meditazione sonora” dove cerco di approfondire e sperimentare questo aspetto della musica.
Volere è potere? Dilemma antico… ma il titolo di questo lavoro non lascia dubbi…
Nella canzone “il bene” dico che la forza della mente è straordinaria: fare delle esperienze dirette, osservare, essere ricettivi o far caso agli avvenimenti può portare ad una consapevolezza sull’argomento e avere delle risposte.
Personalmente, nel tuo suono e nella tua ricerca, tutto questo come si traduce? Cioè come il suono ti conduce vero il bene, verso il “far si che accada”?
La mia musica insieme ai miei testi sono qui a ricordare che questo è possibile e che basta attivare la forza che è in ognuno di noi. Il suono ci può accompagnare in questo processo predisponendoci al rilassamento e rendendoci più percettivi. La musica condiziona le nostre emozioni, non a caso una composizione può far rendere allegri, un’altra può far venir la pelle d’oca e un’altra ancora può far piangere. Basti pensare questo per comprendere il potere della musica. Allora quando sono in fase creativa cerco di capire come quello che produco possa influire positivamente sulle emozioni di che ascolta.
Nel disco ci sono featuring interessanti che parlando di mondo, di altre normalità… come le hai cercate e perché?
Per quanto riguarda la collaborazione con Luis Paniagua è stato importante ascoltare la sua discografia e la sua storia per capire che c’è una radice comune, affinità confermate dal suo entusiasmo davanti alla mia proposta di collaborazione. Mente con Andrea Seki, che considero uno dei più interessanti musicisti di arpa celtica del panorama europeo, ho avuto la fortuna di collaborare per due anni di intense tournè. Esperienza nella quale abbiamo avuto modo di confrontarci ampiamente sul senso della musica e sul potere delle vibrazioni, sperimentando spesso insieme altre dimensioni del suono. Maßimiliano Gallo invece ha seguito tutte le fasi della registrazione; musicista, chitarrista, Sound Designer e uno dei pionieri del postrock italiano, che oggi suona anche altri generi e altri strumenti, come la viola e il violino che ha inserito nelle tracce del mio disco, mantenendo un atteggiamento sonoro a lui vicino.
E di normale, di quotidiano, di questo presente in mano alle macchine, cosa c’è nel disco?
È un disco che va ascoltato con la giusta concentrazione, non si può essere superficiali come quando si ascoltano delle canzonette; per goderlo in pieno devi dare attenzione a qualsiasi sfumatura, sennò non lo puoi ascoltare, non lo capiresti. Questo perché tutto è stato pensato e suonato con corpo e anima, le macchine le abbiamo utilizzate solo per avere una buona definizione del suono. Gli artifici li lasciamo a chi vuole un’arte finta e patinata.