Spazio all’identità di genere che come centro poi ci conduce verso prospettive altre del sentire umano nel quotidiano. Beatrice Campagna vince il Premio del pubblico Sabato alla VI Edizione dell’Aprilia Film Festival di Roma tenutosi il 21 e il 22 settembre 2024 e lo fa con il suo cortometraggio dal titolo “Coming Out” che oltre ad essere il titolo del corto, è anche il primo locale gay di Roma, dove sono state effettuate le riprese, situato davanti al Colosseo, fa da corona ad una vicenda intima e personale, di separazioni e di distanza di una coppia di fatto.
A due passi dal futuro, ancora dentro temi come l’omosessualità e le sue perverse “controindicazioni”. In che società viviamo?
Mi viene da dire che viviamo in una società che ci piace ritenere evoluta e funzionale, ma senza alcuna reale ragione: in realtà è primordiale e altamente disfunzionale. Mentre rispondo a questa domanda, altrove, può essere che stiano bombardando una scuola o un ospedale perché un capo di stato, che se ne sta indisturbato a migliaia di chilometri di distanza, come se nulla fosse preme un bottone dopo aver preso il caffè. Nel 2024. Detto questo, per me vale tutto. Di cosa possiamo sorprenderci? Dell’intolleranza? In fin dei conti, penso che in occidente siamo davvero fortunati a poterci concentrare su argomenti come l’omosessualità e discuterne liberamente. Credo tra l’altro che siano stati fatti dei passi avanti davvero importanti sulle tematiche LGBTQ+ in questi ultimi 10-20 anni e che, per quanto ci sia ancora molta strada da fare, i cambiamenti sociali ci siano stati, e sono, per fortuna, sotto gli occhi di tutti.
Quanta denuncia fa questo cortometraggio secondo te? È stato coraggioso in tal senso?
No, non è assolutamente un corto di denuncia. Io avevo semplicemente voglia di raccontare questa storia specifica in questo modo, proponendo temi, dinamiche ed emozioni universali, comuni a tutte le coppie, a tutte le famiglie.
Esiste anche una chiave personale che hai riversato nella storia?
Non direi, ma il modo “dolce” in cui le due protagoniste si sono separate e l’affetto che continua a legarle, il rispetto, il dialogo, sono valori che riconosco .
Quanto di vero esiste nel film? Cioè, a parte il “Coming out” come locale, quanto hai mescolato realtà e finzione?
Di vero, a parte il locale, c’è il fatto che Annalisa, la proprietaria, si è separata dalla sua compagna e che, dopo un primo periodo complicato, come ce ne sono in tutti i rapporti importanti che finiscono, oggi hanno recuperato un equilibrio molto bello (e questo purtroppo succede meno di frequente). Nella realtà i loro bambini sono due, Giulio e Tommaso, io nel corto ne ho messo in scena solo uno (Giulio, il più grande, che di fatto ha interpretato sé stesso, ed è stato anche molto bravo).