Londra. La nebbia si mescola al riverbero etereo di sintetizzatori nostalgici o anche a quel certo modo di pensare al suono elettrico di chitarra con ostinati e fraseggi in bilico tra U2 e Tony Hadley. Un riflesso di neon si increspa su una pozzanghera, mentre il tempo si dissolve in un loop infinito… e sono ciclicità che tornano spesso dentro questo nuovo disco di PoST.

E sono solo i primi ingredienti che mi sento di mettere a tavola pensando all’universo sonoro dentro “Ten Little Indies”, un album che, come un quadro di Hopper tradotto in musica, esplora l’intimità delle emozioni umane attraverso un sound tanto britannico quanto distopico. Belle le aperture corali di “Love At First Glance”, nostalgici richiami ai The Art quando suona “All My Faults”.

E a proposito di pozzanghere e riflessi, a proposito di inquietudine e di rolling assai gradevoli, svetta “January” a rimescolare le carte di un “Ok Computer” ancora giovane. Poco comprensibile sul perché i nostri abbiamo inserito un brano come “Non dirmi che”, primo ed unico in italiano che inevitabilmente sfoggia un pop rock nostrano che un poco “banalizza” il tutto, almeno nelle sensazioni che mi porto dentro. E si ritrova l’Italia anche dentro le progressioni di drumming e chitarra di “My City” ma sempre, questa voce sicura e precisa, ci regala un equilibrio davvero internazionale. O come dentro “More” che ha un richiamo dalliano assai inevitabile con quel fischio in ingresso.

E si chiude il tutto con la ballata romantica “Shine” che sa bene di vincere giocandosi riverberi preziosi e il respiro di qualche contemplazione urbana in più. Inevitabili queste chitarre che ai più affezionati di musica italiana ritroveranno (scopiazzate) da dischi del main stream del pop rock, da Ligabue a tanti altri simili. Forse non è un caso dunque trovare un londinese come Pietro Cavassa per la lavorazione finale del disco, tra richiami della mia adolescenza e visioni cinematiche assai potenti. Tuttavia mi manca la scrittura che funziona sin dal primo ascolto, trovo che i ricami abbiano progressioni mai banali ma allo stesso tempo mai troppo “semplici” e digeribili di primo acchito. In bilico sempre tra malinconia e tensione…