«Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri».
Era il 19 luglio 1992. Erano passati solo 57 giorni dalla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e la sua scorta, in un caldo sabato di maggio, alle 17:56, un’esplosione squarciò l’autostrada che collega l’aeroporto di Punta Raisi a Palermo, nei pressi di Capaci: 5 quintali di tritolo distrussero cento metri di asfalto e facero saltare in aria le auto blindate. Era il 23 maggio 1992. Il 19 luglio il magistrato Paolo Borsellino, impegnato con Falcone nella lotta alle cosche, andò a trovare la madre in via Mariano D’Amelio, a Palermo. Alle 16:58 un’altra tremenda esplosione, questa volta in piena città.

Dopo Giovanni Falcone toccò a Paolo Borsellino e agli agenti della sua scorta. Borsellino sapeva bene che sarebbe successo.

L’ Italia era ancora ancora sgomenta e confusa, ma Paolo Borsellino aveva capito e per questo aveva fretta e lavorava senza sosta, giorno e notte. Egli aveva saputo che a Palermo era arrivato il tritolo che lo avrebbe ucciso. “Ora tocca a me” diceva. Aveva iniziato una corsa contro il tempo per scoprire chi avesse ucciso Giovanni Falcone. Annotava tutto su un’agenda rossa, dalla quale non si separava mai, ma non sorrideva più come talvolta faceva prima; il suo volto era diventato come di pietra, duro, segnato. Quell’agenda rossa, scomparsa dalla sua auto pochi minuti dopo la strage, è il mistero attorno al quale ruota, probabilmente, la natura stessa dell’attentato.

Venerdì 19 luglio, a ventisette anni dalla scomparsa di Paolo Borsellino l’Italia non dimentica. Viterbo non dimentica. Per le strade della città si svolgerà una fiaccolata in suo ricordo e nel ricordo di quanti morirono per difendere la legalità e la giustizia. L’appuntamento è a piazza del Teatro, alle 21, 30.

“Parlate della mafia. Parlatene alla radio, in televisione, sui giornali. Però parlatene.” Così voleva Paolo Borsellino. Così vogliamo noi, e tutti coloro che credono nella legalità e nella giustizia.