La Crocifissione opera del 1475 di Antonello da Messina, tra i maggiori pittori siciliani del XV secolo.

di Alessio Fucile

Ti presento la «Crocifissione», oggi conservata al Museo Reale di Belle Arti ad Anversa e opera di uno dei maggiori pittori siciliani, Antonello da Messina. Fu realizzata a Venezia nel 1475 ed è firmata e datata in basso a sinistra in un cartiglio, su un’asse spezzata e piantata per terra; le dimensioni ridotte della tavola si devono all’utilizzo per la devozione privata.

Crocifissione di Antonello da Messina

È un chiaro esempio del virtuosismo di Antonello, che racchiude la lezione della pittura fiamminga e del primo Rinascimento italiano. Della pittura fiamminga interpreta lo schema compositivo della crocifissione in altu­ra e, soprattutto, l’eccezionale precisione nella rappresentazione dei dettagli; esempio di primo Ri­nascimento è invece l’accurato studio prospettico e la rappresen­tazione dei corpi, più attento alla resa anatomica che all’esaltazio­ne degli aspetti cruenti della Passione.

Descrizione dell’impianto pittorico

La croce con Gesù, nella sua monumentalità, è asse e centro del dipinto: scura, lineare, perfettamente frontale e centrata rispetto all’osserva­tore della tavola. Ai lati, i ladro­ni si contorcono appesi a spogli e nodosi alberi. Maria e Giovanni contemplano silenziosamente la scena, in ricordo del vangelo di Giovanni che racconta: «Gesù vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!”. 

Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa». Scena straziante per il cuore di una madre nel vedere il suo figlio caro in quella atroce condizione, ma Antonello è delicato nel rappresentare il dolore di Maria e l’invito di Gesù a prenderla e sentirla come propria madre. Gesù rivela a sua madre che tutti i credenti in Lui, figurati dal discepolo, sono anch’essi suoi figli. Gesù, spogliato di tutto, con gesto di supremo distacco, dona sua madre al mondo intero, prima di portare a termine la sua missione col sacrificio della vita.

Lo sfondo paesaggistico e il castello nella marina rievo­cano il profilo della costa messinese e la scena è popolata da animali e personaggi descritti con cura miniaturista. Conigli e cervi mescolati a soldati e popolo stanno discendendo la strada del Calvario verso Gerusalem­me, città rappresentata alla sinistra della scena.

Al fine della devozione privata, la presenza di diversi elementi simbolici offriva spunto di meditazione e preghiera grazie ad un’osservazione attenta e a più riprese: i fiori rossi alludono e prefigurano la passione di Gesù; i teschi ricordano il nome del calvario, ovvero Golgota, che significa «cranio»; le ossa sparse sul terreno dove sono piantate le croci richiamano alla morte mentre il serpente che fuoriesce da un cranio simboleggia il peccato originale ed il tentatore che è sconfitto dal sacrificio di Cristo; con la civetta, uccello spesso associato al lutto, alla morte e a coloro che non riconoscono la vera luce, il pittore si sta forse riferendo agli Ebrei che non hanno riconosciuto il Messia in Gesù.

La glorificazione 

La croce al centro rappresenta la glorificazione di Cristo, sintesi tra la discesa umiliante del Figlio di Dio e il trionfo della sua Resurrezione: Egli si abbassa alla morte di croce ma, proprio in quell’istante estremo, non perde la sua dignità divina, anzi esalta la mortalità umana. Il pittore rende questa verità con un espediente. Abbassa il punto di fuga del paesaggio in lontananza esaltando così, per effetto ottico, ancora più la croce. Il Dio incarnato muore, ma il suo corpo è posto visivamente oltre il suolo, già nel cielo.
Gesù in croce si umilia precipitando nelle tenebre abissali della morte, ma la perfezione estetica del quadro rimanda alla sua perfezione divina. Ti lascio con un pensiero di un grande uomo del nostro tempo, papa Francesco: «Gesù insegnaci che la crocee è via alla risurrezione, che Dio non dimentica mai nessuno dei suoi figli e non si stanca mai di perdonarci e di abbracciarci con la sua misericordia. Insegnaci a non stancarci mai di chiedere perdono e credere nella misericordia senza limiti del Padre».
Grazie per la tua attenzione e il tuo ascolto.

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