Gli NTF (Not Fungible Token) sono il fenomeno del momento e, dunque, è utile sapere di cosa si tratta.

di Riccardo Bramarte

Gli NTF (Not Fungible Token) in realtà rappresentano il certificato di autenticità e, nel contempo, di proprietà di un bene, un’opera o un prodotto artistico che, proprio perché registrato, rende unico qualcosa che prima non poteva esserlo in quanto replicabile infinite volte. Questi NTF possono essere ceduti, monetizzati e tracciati grazie alla tecnologia “blockchain” che garantisce integrità, paternità e proprietà del contenuto.

L’NTF ha iniziato ad essere abbinato all’arte negli anni ’80 e, dopo un iniziale, comprensibile momento di diffidenza, è esploso fino ad arrivare a cifre impensabili dell’ordine di milioni di dollari, come, ad esempio, l’opera del pittore Beeple (al secolo Mike Winkelmann) “Everydays:The First 5000 Days” venduta ad un’asta di Chtistie’s nel 2021 per 69 milioni.

E’ opportuno chiarire che quando si compra un NTF non si compra un’opera d’arte digitale ma si acquista semplicemente un certificato di proprietà accompagnato ad una serie di informazioni (i metadati) che riguardano l’opera digitale in questione. Ma allora cosa determina il valore di un NTF? Come può un file digitale che chiunque può salvare sul proprio computer essere venduto a cifre così elevate? In questi casi, ciò che dà valore all’opera è il fatto che ci sia un unico proprietario del “token” (gettone) che rappresenta l’opera stessa.

Certamente molti collezionisti di NTF non hanno alcun interesse artistico e sono spesso investitori che cercano di arricchirsi magari operando in acquisto e vendita con criptovalute.

Ma rimane comunque la domanda: “perché spendere milioni per avere un’opera intangibile e non concretamente visibile?” Un Picasso può essere ammirato appeso ad una parete di un museo. Questo però non basta a giustificare il suo prezzo in confronto ad un’opera NTF.

Il problema dell’unicità

A questo punto dobbiamo ricorrere alla psicologia. Ormai è radicata in noi la convinzione che è reale ciò che è materiale e tangibile. A questi possiamo dare un valore a seconda dei nostri gusti. Ad esempio, siamo disposti a pagare milioni per una edizione speciale di un libro antico ma, a ben vedere, paghiamo per avere centinaia di pagine di carta qualsiasi che, comunque, ne fanno un bene materiale. Negli NTF, invece, tutto è smaterializzato ma anche essi hanno un supporto, sia pure remoto, che è la famosa “blockchain”, inalterabile e indistruttibile, attestante la proprietà di quell’opera.

Rimane il problema dell’ unicità che è propria dell’opera d’arte materiale mentre un NTF, come abbiamo detto, può essere replicato da chiunque. Il problema è superabile entrando nell’ordine di idea che il vero e unico proprietario è chi ha comperato l’opera d’arte digitale che, proprio per essere registrata sulla “blockchain”, diviene anch’essa unica.

Dobbiamo, in definitiva, convincerci che accanto alla realtà che viviamo e è visibile c’è un’altra realtà virtuale a cui noi possiamo dare comunque un valore. E’ il cosiddetto “metaverso” che sta iniziando a fare proseliti anche nel mondo dei social. Vedi Facebook infatti a cui il proprietario, Zuckerberg, ha recentemente cambiato il nome in Meta.

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