Dieci anni di politica italiana secondo Lucia Annunziata
di Riccardo Bramante
Strano popolo, quello italiano, capace di elevare da un giorno all’altro uno sconosciuto a nuovo Napoleone salvo gettarlo nella polvere al primo insuccesso! E’ questa la prima impressione che si ricava leggendo il libri di Lucia Annunziata “L’inquilino” (Feltrinelli editore) che ci conduce lungo gli ultimi dieci anni di politica italiana.
Dal 2011, ascesa di Silvio Berlusconi, al 2021, caduta di Mario Draghi, si sono succeduti alla guida del Paese ben sette governi con sei Presidenti del Consiglio!
Di qui il titolo del libro “L’inquilino”, sottinteso di Palazzo Chigi, titolari tutti di un contratto di affitto a breve termine se si considera che, in media, sono rimasti negli appartamenti del Palazzo solo per un anno e tre mesi.
E’ la desolante immagine dell’incapacità della politica italiana di darsi un governo stabile perché soggetta non più a contrapposizioni ideologiche (che almeno avevano una ragione ideale) ma a rancori, invidie e calcoli personali che hanno lasciato poco spazio agli interessi generali della Nazione.
Ciò spiega anche la ricerca di un premier “tecnico”, di un uomo, cioè, non appartenente a nessun partito politico e, quindi, libero dalla politica e in grado di fare quelle riforme, quella “pulizia” di fondo che i vari partiti erano stati incapaci di realizzare avendo sott’occhio solo i sondaggi e la ricerca di qualche voto in più. Con il retropensiero, mai espresso chiaramente ma sempre vivo, di riprendersi il potere una volta che i “tecnici” avessero fatto quelle riforme, anche impopolari, che necessitavano al Paese.
A ben vedere, anche il successo, nel 2013, del “Movimento 5 stelle” risponde a questa esigenza: far salire al potere una piattaforma antisistema di uomini e donne fino ad allora del tutto fuori dalla politica.
Ma anche questo Movimento, una volta andato al potere innalzando la bandiera contro i governi tecnici, guarda caso, sceglie per andare al governo proprio un tecnico, un avvocato che non ha mai vinto, né partecipato, ad una elezione. Ovviamente, anche questo tentativo fallisce per manifesta incapacità dei protagonisti e volubilità politica, passando da un governo con la Lega di destra ad un altro con il PD, di sinistra.
Si ricorre allora alla persona italiana più apprezzata in Europa e nel mondo, Mario Draghi. Ma anche lui non funziona; la politica che vuole comandare senza sporcarsi le mani (e perdere fette di elettorato) si trova a che fare con un personaggio che non accetta i compromessi e allora viene allontanato.
Nel complesso, siamo di fronte ad una galleria di personaggi che la Annunziata tratteggia attraverso interviste, colloqui diretti e comunicati ufficiali che ne delineano gli aspetti caratteristici.
Inizia Mario Monti, novello Pietro l’Eremita, che al motto “Dio lo vuole” sostituisce “L’Europa lo vuole”; segue l’ineffabile Enrico Letta, professore emerito ma non certo un campione di simpatia e di rinnovamento, scalzato, dopo solo 11 mesi da Matteo Renzi, il rottamatore finito rottamato ma che almeno ha provato a fare qualcosa.
Segue Paolo Gentiloni, uomo intelligente e garbato ma sicuramente non adatto ad arginare il vento montante del “Movimento 5 stelle” che, a sua volta, prende il comando con Giuseppe Conte, mai eletto dal popolo e perciò capace di passare tranquillamente da una coalizione di destra a una di sinistra pur di rimanere al potere.
E’ quasi naturale che gli succeda un altro tecnico, Mario Draghi, che almeno di economia ne capisce ed è universalmente stimato; tanto stimato, però, da fare ombra a tanti personaggi di tutti i partiti che ne determinano, allora, la caduta.
Si arriva, così, al 2022, quando, dopo oltre dieci anni, l’elettorato viene chiamato a votare ed esprime una nuova e chiara maggioranza di governo. E’ una svolta decisiva e Giorgia Meloni ne è il volto.
A questo punto la Annunziata lascia in sospeso il giudizio in attesa di vedere se la nuova conduzione sarà in grado di riannodare il filo interrotto tra istituzioni e cittadini e realizzare quelle riforme che ormai la Nazione (come preferisce chiamarla la Meloni) ha assoluta e urgente necessità.