Un titolo come “Vado mo’?” non è che ci lascia molto spazio libero ad immaginare cose internazionali. Siamo a Roma, siamo ai bordi del grande Tevere, siamo dentro un disco home-made fatto in totale solitudine dal cantautore Luca Bocchetti che torna in scena con questo suono sporco di blues ma sempre in cerca di un racconto pop della vita. E il risultato non ci sembra affatto male…

Il blues arriva dal Tevere: ma in fondo per te blues cosa significa?
Il blues è un lamento, che può essere intonato con vena ironica o nostalgica. I bluesman migliori sembrano essere stati tramortiti: qualcuno se la prende con la mazza che li ha colpiti, altri non sanno nemmeno da dove sia arrivata la botta, ma barcollano a vita. In ogni caso vedono tutti le stelle e le fanno vedere agli altri, bellissime.

“Vado mo’?”… ma dove?
E dove vuoi che vada? Il mio problema è capire se e quando mettere il naso fuori dalla porta, non importa dove debba andare. Ho scritto e suonato questa roba, merita di essere portata fuori? Volevo dire queste cose, vi disturbo? L’ascolto vi porterà via un quarto d’ora di vita, potrete perdonarmi? Praticamente un’esistenza in punta di piedi. Una tragedia.

E poi questa cover scura, disegnata… in bilico tra una certa “pop-art” e un sobborgo blues (ovviamente)… dove nasce?
C’è un tipo fuori da un locale blues, vestito in stile Chicago anni ‘20. È notte, per strada non c’è nessuno, magari è ubriaco, ha una postura goffa. Forse sta entrando, sembra titubante. Magari se entra trova finalmente compagnia, qualcuno che lo capisca. Magari lo pestano per appropriazione culturale indebita e perché è ridicolo. È la stessa solitudine di Nighthawks di Hopper, ma con il sentimento dei Peanuts. È un’immagine un po’ triste, un po’ comica, un po’ romantica. Sì, il tipo sono io.

Ma sai che, fatte queste premesse, Roma non ce la vedo per niente attorno? Secondo te che città ci starebbe bene?
Io invece credo che Roma ci stia benissimo. E ci sta benissimo qualunque città in cui si faccia fatica a pagare l’affitto. È come dice Howling Wolf: se non hai denaro per pagare l’affitto, allora hai il blues.

E dovessimo pensare ad un romanzo per questo disco?
Qualcosa di tragico e al contempo esilarante, tipo “Una vita” di Svevo o “La linea d’ombra di Conrad”. Se dovessi affidarne la stesura originale a un contemporaneo, lo farei scrivere a Julian Barnes o a Gaetano Cappelli.

E dovessimo pensare ad un video?
Non ci penso molto a un video, ma il sogno impossibile sarebbe uno sketch dei Monty Python. Immagina Graham Chapman come il tipo per strada e John Cleese che fa il buttafuori del locale in copertina e deve decidere se farlo entrare o meno.