Al Teatrosophia è stata rappresentata dal 9 al 12 marzo “La Reine de Marbre” di Francesco Baj, della Compagnia Teatro Multilingue. Questa compagnia, credo l’unica nel suo genere, unisce lingue diverse che legano tuttavia, in modo armonico, quanto ci raccontano.

In questo testo, che ci riporta alla commedia del ‘700, vengono raccontati, in una criptica miscellanea, le vicende di tre personaggi imbarcati su un veliero. 

Ci sono due donne, le brave Mayil Georgi Nieto e Marta Iacopini che interpretano Madonna Angelica  e Petite Lucrecia e un uomo, El Capitan Arlecchino, Flavio Marigliani che, scampati a una tempesta, troveranno riparo in un’isola della Grecia.

Questo improbabile terzetto, si dibatte fra un passato che torna mischiandosi col presente, unendo regine decapitate con emigranti naufragati e, alla fine i nostri, rispondendo a un istinto di sopravvivenza, finiranno per pescare plastica e vendere souvenir ad attoniti bagnanti di una società sempre più in declino.

Il testo usa la simbologia delle barche disperse in mare, dolorosamente attuale. Questo spettacolo, infatti, apparentemente fa l’occhiolino alla commedia dell’arte ma, in realtà, vuole essere un monito.

I nostri protagonisti si troveranno, infatti, a raccogliere vari tipi di imbarcazioni sbattute dai flutti, barchette di vari colori e di diverse provenienze, ma tutte  accomunate dalla stessa triste sorte del naufragio.

Catapultati da un’altra epoca, impatteranno anche con la plastica a loro sconosciuta e di cui non capiranno l’importanza, percependone invece la pericolosità.

Lo spettacolo multilingua si presta anche a questa interpretazione. Usare non un linguaggio comune comprensibile a tutti, bensì usare diverse lingue per arrivare a tutti. In una virtuale quanto auspicabile fratellanza che, utilizzando la magia del teatro, riesca davvero a racchiuderci in un unico abbraccio.

La regia e le luci sono di Flavio Marigliani mentre i costumi di Elisabetta Martellozzo e Angela Badin con la supervisione di Giulia Balbi.