È il ritorno in scena del cantautore sardo Gabriele Masala che siamo chiamati a festeggiare: “Avevamo ragione” esce ricco di una copertina allegorica che mette in mostra un antico lucchetto e i piani di lettura diventano numerosi. Di certo campeggia su tutto la collaborazione del grande Enrico Ruggeri, sua la penna che ha firmato le liriche del disco. Nelle righe di un pop rock italiano assai elegante, misurato che non si priva neanche di qualche coraggioso fuori pista alla ricerca di nuove soluzioni, mai con fare eccentrico ovviamente, c’è del mestiere che di certo fa sentire il peso del tempo e del vissuto

Lo sai che non possiamo esimerci dal chiederti: chi aveva ragione? E su cosa?
“Avevamo ragione” è volutamente una provocazione. E’ una canzone che vorrebbe portare l’ascoltatore a porsi delle domande, a sviluppare un senso critico, a non dare tutto per scontato. In realtà penso sia realmente difficile dire chi ha ragione e chi torto su un qualsiasi argomento, l’unico consiglio è quello di cercare di osservare le situazioni da tutte le angolazioni possibili, per avere una più chiara visione.

In generale la verità è che il tempo futuro non ci appartiene o che sta veicolando solo cose sbagliate?
Spero vivamente che il futuro ci appartenga in tutto e per tutto! I tempi cambiamo e noi cambiamo con loro, quindi è molto difficile stabilire se si stanno veicolando solo cose sbagliate, sarà il tempo stesso ad essere giudice; da inguaribile ottimista spero in una salvezza dell’animo umano.

Te lo chiedo perché non mi è chiara la direzione di questo disco: la canzone d’autore in senso “antico” e classico oppure qualche soluzione futuristica per metterci dentro una parte del nuovo te?
I tempi erano maturi perché uscisse un album così. Penso siano vere entrambi le definizioni che hai dato; mi piace pensare ad lavoro “autoriale”, inteso come nella migliore tradizione del cantautorato italiano, ma anche qualcosa di nuovo dove ho potuto scoprire un altro me stesso!

Enrico Ruggeri in tutto questo entra solo come paroliere e featuring oppure anche come produzione e arrangiamenti?
Enrico ha la paternità dell’idea di tutto il lavoro. Ha scritto tutti i testi e cantato in un paio di brani, mentre la produzione esecutiva e gli arrangiamenti sono miei. Anche strumentalmente ho fatto praticamente tutto da solo, ad eccezione del brano “La fine dell’impero” dove compare alle tastiere il grande Silvio Capeccia.

Pensando al resto del mondo e alle sue contaminazione? Lo sai che mi verrebbe da pensare ad un disco dal sangue inglese?
È la prima volta che sento associare la mia musica a quella inglese. Onestamente non saprei, penso di avere poco sangue anglosassone, mi sono sempre ritenuto italianofilo sino al midollo, essendo cresciuto coi grandi cantautori della nostra terra. Lo prendo comunque come un complimento, grazie mille.