C’è tanta sacralità tra le righe di un disco apparentemente molto pop e decisamente leggero nei toni. Suoni che arrivano dalla terra come il suo immaginario ma che tanto si colorano – paradossalmente – di mondo digitale. Quella a corredo dell’esordio di Giulio Spagnolo, giovane cantautore leccese, è una produzione assai interessante che troviamo dentro tutti i canali digitali con il titolo “Beato chi”, anche title track di un singolo che in rete si corona di un video ufficiale dentro cui probabilmente, a bandiera del tutto, sventolano i simboli della sua letteratura.

Vogliamo sottolineare come da una penna così giova arrivi un disco così spirituale. Un deciso rimando alla credo, al sacro, al rapporto con Dio. Un rimando che però si mantiene su temi di filosofia sociale, temi quotidiani e niente che prenda distanze da un vivere comune… vero?
Si, posso dire che l’album mi abbia portato ad affiancare il concetto del “sacro” nell’unico brano che vede l’incontro tra Dio e l’uomo, ai quali ho voluto lasciare le proprie convinzioni e conclusioni. Restare filosoficamente nel contesto sociale, credo che sia stata anche una conseguenza, perché in fin dei conti tutto l’album è un continuo confronto tra i vari personaggi che si scoprono nei brani, magari osservando con uno sguardo più oscuro il continuo scontro che vive l’uomo tra la propria esistenza, il passato e il proprio futuro.

Dunque beato per te ha anche rimandi in tal senso?
In questo caso “beato” non viene intesa come una beatitudine spirituale ma più che altro per una posizione sociale

In questo contesto, il concetto di“beato” non allude ad alcuna forma di spiritualità. Il ragionamento per lo sviluppo di questa idea è nato ponendomi un interrogativo al titolo del brano, sostanzialmente è beato chi?
Mentre mi rispondevo, abbozzavo i primi versi, e mi rendevo conto che stava nascendo una sana critica sociale, prendendo di mira tutte quelle persone che vivono avvolte nel proprio materialismo, nelle proprie convinzioni, nel proprio egocentrismo, fattori che tendono ad annerire l’anima della stessa persona che ne abusa.

E oggi la beatitudine (non in senso religioso sia chiaro), che senso prende per te?
La beatitudine, descritta in questo contesto, la intendo come un rapporto direttamente proporzionale tra la posizione lavorativa e la scala gerarchica sociale, dunque s’intende che all’aumentare del tuo livello lavorativo, aumenti anche la tua posizione nella scala gerarchica sociale.
Tutto ciò crea un finto circuito di soggetti attorno alla propria sfera interpersonale. Un altro punto nel quale va a sfociare la beatitudine, è proprio la raccomandazione, che riesce a fare passare come “beate” tutte quelle persone che trovano una strada già spianata, continuando a distruggere la meritocrazia. Si, perché bisogna dire che nel nostro Paese non conta più chi merita un posto di lavoro, ma, chi copre quella posizione.

E nella società di oggi, possiamo dire che questo disco suoni come “politico”?
Non possiamo definirlo politico perché quello di “Beato chi” è letteralmente un viaggio che affonda e spazia tra ricerca, spiritualità e confronto sociale. Posso però confermare che il nuovo lavoro discografico, in arrivo quest’anno, sarà esclusivamente a sfondo politico.

Inevitabile dunque chiederti: che rapporto hai con i Social Network e le nuove normalità sociali?
Potrei definirlo “senza rapporto”. Ho sempre riscontrato una difficoltà molto complessa nel cercare di capire la vera dinamica del mondo virtuale. Sicuramente, rappresenta il luogo più idoneo dove poter violentare e aggredire il vero concetto dell’amicizia. Sarei la persona più sbagliata con la quale discutere dell’argomento, ma negli ultimi anni, la musica mi ha aiutato ad allontanarmi dai social lasciandomi scoprire la profondità dell’anima. Non riesco a definirla “normale” una realtà che vede le nuove generazioni schiave di uno schermo; ragazzi che vivono costantemente bombardati da un continuo flusso di informazioni confusionali. In fin dei conti lo scopo dei social network è quello di gestire la massa, ed è con questo concetto che vi porto una citazione di Lucio Dalla: “il potere non vuole un opposizione, non vuole teste pensanti, ed è per questo che si preferisce addormentare i nostri ragazzi con questi strumenti di massa”.