Incontriamo oggi, per Noi Rete, Emilio della Fontanazza, autore de “Il Palcoscenico della Marchesa – Una chic delle buone maniere”.

Il Marchese Emilio della Fontanazza, lucchese di nascita ma romano d’adozione è giurista specializzato in diritto nobiliare, è anche un eclettico ed apprezzato conferenziere. Non è questo il suo primo testo infatti è autore di numerosi saggi sulla Nobiltà Civica per la Pisa University Press. Questo però è il suo primo romanzo che attraverso aneddoti familiari e storie di vita vissuta, con un linguaggio semplice e coinvolgente, tratteggia l’avventurosa vita della Marchesa, sua mamma, e della Sua Villa (il palcoscenico appunto). Attraverso queste storie passano anche tante lezioni di bon-ton poiché la vita della Marchesa è sempre stata condotta con stile, eleganza, attenzioni e buone maniere. Ma conosciamo meglio da vicino l’autore attraverso quest’intervista.

Benvenuto Emilio e grazie per la tua disponibilità. Cosa ti ha spinto a scrivere questo romanzo?

Innanzi tutto va detto che questo libro è di fatto un collage di ricordi e pensieri. Da quando ho appreso che mia madre non stava bene ho iniziato a raccogliere pensieri e ricordi familiari e amicali della sua vita, o a cui avevo partecipato personalmente, o tramite il racconto della sua segretaria Patrizia anche suo fidato braccio destro nella conduzione della villa.

Devi sapere che noi bimbi non eravamo ammessi a tavola e in special modo in occasione di ricevimenti, fino all’età di dodici anni. Quindi nei momenti importanti della famiglia noi piccoli  eravamo esclusi. Ma per fortuna Patrizia, appunto il braccio destro di mia madre e persona a me molto cara, me ne ha riportato l’essenza recuperando questi ricordi. Patrizia percepiva che il rapporto di mia mamma con noi figli risultava troppo distaccato, ma lei aveva un modo di relazionarsi con noi al pari dei familiari.

C’è un’immagine nella tua memoria che ti ricollega al momento in cui hai deciso di scriverlo?

La pandemia mi ha costretto, come tutti noi, a stare a casa. Per superare una leggera depressione e su suggerimento dei miei familiari, che mi hanno spinto a farlo, ho iniziato a scrivere il libro, riaprendo cassetti e trovando emozioni e pensieri che avevo messo da parte. Li ho così raccolti dandogli una forma romanzata. Inizialmente il libro aveva lo scopo di far “incontrare” la figura della nonna a mio figlio Ascanio e alle mie nipotine Diletta Laura, Margherita e Maria, attraverso aneddoti che ne esaltavano le sue buone maniere, poi ha preso vita il romanzo-formativo.

A proposito di bon ton, il tuo libro, non è il solito manuale “tecnico”, ma appunto un romanzo sulle buone maniere, ma tu cosa apprezzi di più in una persona?

Principalmente l’educazione e il rispetto, anche dei tempi e dei luoghi oltre che delle persone. Il rispetto dei tempi degli altri è una cosa che proprio la pandemia ci ha insegato. Non sto a vedere il contorno, ma guardo la sostanza. Apprezzo il modo in cui la persona si pone. 

E cosa invece ti fa inorridire?

L’esatto opposto ovvero la mancanza di educazione. Ci sono altri aspetti che ho osservato negli ultimi anni si sono purtroppo acuiti come gelosia e invidia. Ho visto maturare e alimentare, con grande dispiacere umano, una sorta di livore in molte persone invidiose che si alimentano tra loro. Davvero un peccato.

Nel libro tratteggi il “sapersi comportare bene” in ogni occasione della vita, allora ti chiedo come si esce da una situazione imbarazzante?

Sempre con educazione e rispetto nei confronti di tutti, cercando di sottolineare, se si viene messi in una posizione scomoda, la propria distanza evitando di alimentare discorsi poco edificanti. Si deve uscire anche in questi casi con eleganza, sottolineando che non si ama trattare degli argomenti in discorso. Una cosa poco gradevole è sparlare di una persona assente, in questi casi è meglio dire che non ci si reputa adatti a quel tipo di conversazione, prendendo le distanze.

A che lettore hai pensato quando hai iniziato a scrivere questo libro?

Come dicevo desideravo presentare la nonna a mia figlio e alle mie nipotine. Ma è anche un libro per accomunare le diverse generazioni tra loro sempre sul fil rouge delle buone maniere. Gli aneddoti portano per mano il lettore a conoscere in modo gradevole le buone maniere. E’ un libro dunque che può essere per i genitori che lo leggono insieme a figli, o i nonni con i nipoti, ma anche per gli educatori che lo trasmettono agli studenti.

Che messaggio desideri trasmettere attraverso la tua opera?

Sicuramente ci sono più messaggi. Un primo messaggio è rivolto alla figura della madre che è il punto centrale della vita di ognuno. Non a caso i figli nascono dalla mamma e prevalentemente hanno un rapporto simbiotico tra loro fino a che in adolescenza non sbocciano e percorrono la loro strada e vita. La madre ha un ruolo centrale nella crescita di un figlio.

Un secondo messaggio sono le buone maniere. Queste vengono sottovalutate spesso, ai tempi d’oggi, ma sono invece fondamentali per creare legami di qualunque genere essi siano. Sia affettivi che di lavoro, di amicizia o scolastici. Qualsiasi tipo di legame passa dalle buone maniere, senza la buona educazione non si creano legami.

Che sensazione hai provato dopo aver scritto questo libro?

Premetto che sono sempre molto critico con me stesso. Non è stato dunque così facile per me completare e poi assegnare la lettura del manoscritto a persone a me care per darmi un loro ritorno, un parere. All’inizio infatti non ero certo di volerlo pubblicare anche perché prevalentemente era indirizzato verso la mia famiglia. Le persone che lo hanno letto mi hanno invece suggerito di pubblicarlo in quanto riscontravano che poteva essere utile a tutti anche come testo formativo, apprendendo le buone maniere attraverso le vicissitudini di una famiglia. Le emozioni sono state tante ero soddisfatto, ma anche combattuto. Non sapevo se farlo conoscere al grande pubblico o lasciarlo in forma di pamphlet personale. Devo dire che con il tempo mi sono convinto ed è stato pubblicato il 1° marzo di quest’anno, anche se era pronto già molto tempo prima. La scelta della forma del romanzo è perché può catturare l’attenzione del lettore in modo più accattivante invogliandolo a scoprire cosa accade nel capitolo successivo. Desideravo fosse una piacevole lettura  per tutti con lo scopo di seminare un piccolo seme da far germogliare attraverso la divulgazione delle buone maniere.

Abbiamo detto prima che questo romanzo è incentrato sulla memoria, quanto è importante per te?

Fondamentale, soprattutto se non si vuole che tutto passi nel dimenticatoio. Viviamo in un mondo molto veloce dove tutto passa in pochi secondi, vedi le notizie che attraverso i vari social nascono e muoiono in meno di un giorno. Tutto passa con la velocità di un click. Se si vuole che coloro che hanno vissuto prima di noi rimangano nella memoria, la loro storia la si deve divulgare e pubblicizzare, ovviamente in ambienti preposti. Attraverso la conoscenza, la ricerca e lavori come questo, si continua a perpetrare una via tracciata, un testimone, che qualcuno potrà raccogliere.

Un romanzo che è stato un viaggio all’insegna dei sentimenti e anche interiore?

Sicuramente un viaggio enorme per me, perché avendo raccolto negli anni tanti pensieri e tanti ricordi, riprendendoli in mano e mettendoli insieme mi hanno catapultato in un mondo di cui cercavo di coglierne l’essenza. E’ stato quindi proprio un viaggio attraverso i sentimenti. Come dicevo mia madre non era capace di dimostrare l’affetto nel modo “classico” che ci si aspetta da una mamma, ma ci ha dato l’essenza di quell’affetto che ha dispensato alla famiglia trasponendolo nella casa, ovvero “il palcoscenico”, con questo grande amore che aveva per la sua casa e quindi anche per la famiglia.

La copertina ha poi un senso speciale perché raffigura la dimora disegnata su una busta da un amico di famiglia, il M° italo/svizzero Giò di Busca, venuto in visita. In quel frangente erano arrivate le lettere. Mia mamma si era assentata un momento e l’artista con la matita disegnò casa. Quando mamma tornò vide il disegno e ne rimase felice, conservò la busta intatta che non fu mai aperta. Io l’ho ritrovata tra le cose sue più care e per questo l’ho voluta scegliere come copertina; un omaggio a mia mamma con questo disegno a lei caro.

In pubblico sei molto empatico e gioviale ma poi che rapporto hai con la solitudine?

Non è facile rispondere a questa domanda ognuno vive dei periodi della propria vita. Sono stato molto solo con me stesso soprattutto quando mia mamma non stava bene. Ho dovuto affrontare familiarmente tutto da solo e ho dovuto sostituire figure della famiglia che non c’erano o tardavano a palesarsi. Un periodo non semplice.

La stessa solitudine l’ho ritrovata dopo tanti anni per una situazione sentimentale terminata e sono rimasto così nuovamente solo con me stesso. Non è stato facile in quanto non amo i cambiamenti e quelli che non dipendono da me, che subisco, li devo inevitabilmente affrontare. Ma questi momenti sono anche stati un modo per riscoprire e confrontarmi con una parte di me, a volte dolorosamente. Questo libro mi ha aiutato tantissimo, perché mi ha fatto pensare meno a quella situazione di recluso forzato, spingendomi attraverso la scrittura ad immergermi nei ricordi assorbendo tutto il tempo a disposizione.

Per scrivere un libro bisogna anche essere un po’ sognatori, Emilio è un sognatore?

Sono indubbiamente un sognatore ma con i piedi piantati a terra. Se si vuol parlare astrologicamente sono cancro ascendente capricorno. Il cancro mi regala la parte sensibile e appunto da sognatore, ma rivedo in me anche il capricorno che ha i piedi ben piantati a terra e sa cosa può raggiungere e fa di tutto per questo. Sogno le cose che posso raggiungere.

Dove ti porterà lo scrivere?

Questo è il mio primo romanzo. Inaspettatamente sta avendo successo e questo mi fa enorme piacere anche perché faccio conoscere la memoria di mia mamma e il galateo che sembra qualcosa di antico, ma che in realtà non lo è. Dall’altro canto mi vengono in mente delle altre idee a cui potrei dar seguito. Non dico nell’immediato ma non escludo che possa scrivere altri libri.

“Il Palcoscenico della Marchesa – Una chic delle buone maniere” sarà presentato ufficialmente il prossimo 19 aprile alle ore 18.00 al Circolo Canottieri Lazio.

La presentazione sarà fatta da Guglielmo Giovanelli Marconi che parlerà della Versilia. Un luogo frequentato dalla mia famiglia nel periodo estivo così come quella di Guglielmo, infatti il nonno, Premio Nobel, conobbe la sua moglie a Viareggio e il ricevimento fu fatto sullo yacht Elettra nome che fu poi imposto all’unica figlia.

Saranno presenti anche Regina Schrecker musa di Andy Warhol perché nel romanzo si parla di moda poiché mia mamma fu mannequin scoperta da Giorgini che la portò a sfilare a Palazzo Pitti. Il Senatore Benedetti Valentini, miglior oratore nella Camera dei Deputati, tratterà l’insieme del libro con un excursus sui vari temi. Il Principe Danilo Moncada psicanalista, tratterà un aspetto del transfert tra psicanalista e assistita traendo spunto da un aneddoto narrato nel libro dove si racconta che una cara amica di mia mamma, la Marchesa Guidiccioni, che aveva perso un figlio e per questo si rivolse ad uno psicanalista.

A presiedere l’incontro ci sarà il Presidente del Circolo Canottieri Lazio l’Avv. Condemi, mentre le fila saranno tenute dalla Presidente Ius Arte Libri, Antonella Sotira organizzatrice di tanti eventi nella capitale. E ancora saranno presenti l’attrice Mita Medici che leggerà alcuni brani del libro,  Mons. Casolini di Sersale che tratterà invece l’aspetto dei rapporti che queste antiche famiglie avevano con il proprio cappellano.

Un libro che sta avendo molti riscontri positivi    

Si e come detto mi fa enorme piacere, anche se desidero sottolineare che lo scopo di questo testo è la divulgazione delle buone maniere, nessun altro. Non c’è la spinta dell’aspetto economico in quanto si sa che scrivere libri, a meno di un best seller, non porta benefici economici.
Trovo ci sia molta carenza di buone maniere. Leggendo i quotidiani penso che molte delle brutte cose potrebbero essere evitate se queste fossero più diffuse.

Alla presentazione del libro al Circolo Canottieri Lazio verrà anche svelato che questo testo ha raggiunto un premio nel Regno di Spagna. Ho anche saputo di un ulteriore riconoscimento; il titolo del mio libro infatti, anche se fuori concorso, parteciperà al Premio Bancarella.

Il Sindaco di Anagni inoltre, saputo de “Il Palcoscenico della Marchesa” mi ha proposto una giornata formativa per le scuole pubbliche di Anagni. Sarà prevista a giugno ed organizzata per gli adolescenti delle scuole pubbliche. Una giornata formativa sulle buone maniere proprio attraverso il libro da me scritto.