Il sitar di Michele Campanella e dei suoi Korishanti capeggiati dallo storico fondatore Cico Moreno, dona un segno tangibile al suono e al modo di pensare sul pop d’autore. Canzoni aperte, che accolgono il mondo, esotico e spirituale, indiano piuttosto che americano. C’è la terra con la sua sporcizia e le pietre con quel modo fermo che si ha di guarda alla speranza. E poi c’è la politica sociale dell’ambiente che stiamo violentando dentro questo secondo lavoro finalmente giunto anche in una forma fisica: esce “Il sogno di Greta e altre storie…” ed è un rinnovare allarmi e visioni di luce per un domani migliore.

Un disco che ho trovato cultura e politico. C’è innanzitutto l’uomo nei suoi dialetti e nelle sue antiche radici… il dialetto per voi che peso ha? Di memoria o di futuro?
Ci piace pensare al nostro lavoro come ad una sorta di manifestazione di Umanesimo musicale, hai ragione, in cui riportare al centro l’uomo, nella sua meraviglia e nella sua abiezione, nella sua storia di ieri e nella sua capacità di ripensarsi domani. Il dialetto è parte della storia personale di ciascuno di noi, e la sua proiezione nel futuro è implicita: evoca alla speranza che si possa costruire una nuova Babele, che non costruisca uguaglianza sulla base di un linguaggio comune, ma di una appartenenza comune, quella alla nostra specie.

Poi c’è la politica ambientalista. Greta Thunberg ovviamente… ma non solo… canzone che denuncia e smuove coscienze?
È sempre rischioso esporsi pubblicamente, perché immancabilmente corri il rischio che qualcuno ti appiccichi addosso delle etichette. Non vogliamo porci come alfieri di alcunché, non per mancanza di visione o di critica sociale, ma perché troviamo ributtante il livello raggiunto dal dibattito pubblico. Questo disco è la narrazione di un punto di vista su tematiche sensibili, non si prefigge di diventare il Manifesto di nulla e di nessuno.

Ma secondo voi oggi è possibile smuovere coscienze o dormiamo tutti affogati nel nostro consumo smodato?
Indubbiamente la forma del capitalismo impatta sulla vita, pubblica e privata, di ciascun essere umano che calchi la terra di questo pianeta, e tutti, chi più, chi meno, ne vengono “inquinati”. Ma tra la scelta del pessimismo cosmico, del cinismo immobile, e quella del rinnovare la speranza che l’umanità possa essere migliore di quello che è … beh, preferiamo la seconda.

Torniamo al disco, al suono: nuovi ingredienti anche sotto questo punto di vista vero? Nuovi strumenti, nuovi suoni a corredo…
Sì! Rispetto a Voleremo, la nostra precedente release, abbiamo due nuovi compagni di viaggio: Paola Scelfo, corista e flautista che ha impreziosito il lavoro sulle melodie dei brani, e Pier Paolo Prospero, che con il suo basso fretless ha dato sinuosità alla sezione ritmica. Sempre in prima linea rimangono Cico Moreno, voce, chitarre e guitar-synth, Michele Campanella, il bambino più vecchio del mondo al Sitar, Manuele Zanni alla batteria e Fabrizio Florio alla chitarra elettrica.

E comunque resta sempre un taglio assai popolare in cerca di popolazioni e suoni dalle terre di confine… la contaminazione in primis… vero?
Dici bene, sicuramente la contaminazione è un tratto distintivo dei Korishanti. Ti basti pensare a quanti sono i piani in cui si manifesta: contaminazione anagrafica (siamo un gruppo trigenerazionale, l’età dei membri della band va dai 35 ai 69), di provenienza (Puglia, Sicilia, Campania, Piemonte, Veneto…), professionale (artigiani, liberi professionisti, musicisti, pensionati…) e, ovviamente, musicale. Ci piace pensarci enzimi della contaminazione artistica e sociale, e su questo, a breve abbiamo qualche idea in mente, ma….no spoiler!