“Pianeti” è un disco che richiede immersione e introspezione oltre due superfici sfavillanti e fuorvianti: quel gusto battistiano del tutto e quella livrea di gusto estetico, glam, che porta con se un certo rock italiano anni ’70. Tornano i Bob Balera, il duo formato da Romeo Campagnolo (che di seguito risponderà alle nostro domande) e da Matteo Marenduzzo. Noi li fermiamo per quattro chiacchiere curiose per quanto si ha ferma l’impressione che dietro questo disco viva un ricamo di vita e di ascolti decisamente superiore alle aspettative.

C’è tanto dentro questo disco: la contaminazione è un punto fermo anche se si resta in Italia e dentro un contenuto pop rock dai larghi margini. Cosa ne pensate?
Sicuramente la contaminazione è necessaria per riuscire a proporre qualcosa di personale. Probabilmente il lavoro non è originalissimo sotto ogni punto di vista, le derivazioni infatti sono molteplici. Riteniamo però che questo sia anche un punto di forza.

Un sottile modo prog si avverte dietro le pieghe… e qui si torna inevitabilmente al pop d’autore anni ’70. Dovete molto a quel tempo o sbaglio?
Assolutamente sì. Amiamo molto la musica degli anni 70 80, probabilmente anche l’intervento alla produzione di Sandro Franchin ha contribuito a mettere ancora più in luce questo tipo di sonorità. Rispetto al primo album Pianeti è un disco più chitarristico e smaccatamente rock, di chiara matrice seventies.

I riferimenti a Battisti e Mogol sono quasi sfacciati. Voi come vi accostate a questi rimandi spesso anche criticabili in luogo di una personalità che potrebbe venir soffocata?
Il fatto che ci si accosti a nomi così importanti non può che essere motivo d’orgoglio da parte nostra. Ricordo ancora i viaggi in macchina con i miei genitori ascoltando le cassette di Battisti. Probabilmente è proprio in quegli anni che è nato l’immenso amore che abbiamo per questo artista.

Un titolo emblematico: possiamo dunque dire che a suo modo questo è un disco sociale?
È un disco che parla di rapporti umani. Con occhi spesso disincantati e disillusi tentiamo di dare una descrizione personale di dinamiche di coppia spesso comuni a moltissime altre persone. Forse è per questo che sì: “Pianeti” può essere definito un disco sociale.