Quando, in nome della “privacy”, si gira la testa dall’altra parte!
Di Annalisa Lo Monaco
La notizia della bambina di 18 mesi morta di stenti ha sconvolto davvero tutti noi.
Chi non ha immaginato questa creatura piangere, disperarsi, chiamare la madre inutilmente e poi, piano piano, perdere le forze e morire di inedia.
Non avrei voluto davvero scriverne niente. Ho letto, ascoltato e scritto troppo di abusi psicologici, vessazioni, storie di percosse, ricatti, stalking, terrorismo di tutti i tipi. E non soltanto da parte degli uomini sulle donne, ma anche da parte del femminile, di mogli, di madri.
A volte, quando mi capita di confrontarmi con colleghi, riteniamo che il nostro mestiere abbia a che che fare con la cronaca nera. Potremmo, in certi casi, essere giornalisti con articoli da prima pagina dove vengono raccontati efferati delitti. Perché, in questo caso, di efferato delitto si tratta, e non avrei voluto scriverne niente. Cui prodest?
Cambierebbe forse qualcosa denunciare malesseri profondi che, in questi casi non riconosciuti, dirompono in tragedia?
Ma questa bambina di 18 mesi, sicuramente vivace e con una voce squillante come tutte le bambine, non ė stata udita da nessun indifferente vicino? Quanto avrà pianto, chiamato e urlato questa bambina, prima che la fame e la sete la indebolissero tanto da condurla alla morte? Nessuno ha sentito niente?
Ma quante, troppe volte è accaduto che si siano consumati delitti dopo litigi violenti che, persone indifferenti, in nome della maledetta privacy hanno ignorato permettendo e diventando, a questo punto, complici di morti violente?
“Non ho sentito niente.
Mi faccio gli affari miei.
Si, lui era violento ma io non volevo essere coinvolto/coinvolta.
Ma chi l’avrebbe creduto?
Picchiava i figli, se avessimo immaginato!
Lei spesso aveva lividi addosso e occhi neri, ma non si lamentava mai.
Eccetera, eccetera, eccetera…”
Uno squillo al 113 quanto costa? Si può anche restare anonimi ma si ha il dovere denunciare, se si sospetta che qualcosa non vada bene, dietro la porta accanto!
Voltarsi dall’altra parte è un’ignavia che non possiamo più permetterci.
Allunghiamola una mano e ricordiamoci che gli altri siamo noi!
Allunghiamola una mano e ricordiamoci che gli altri siamo noi!
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