Intelligenza emotiva e fragili adolescenti

di Annalisa Lo Monaco
 
Secondo la stima fornita dal Viminale abbiamo: Abbassamento dell’età nei rapporti sessuali, gravidanze prima della maggiore età, uso triplicato di droga e sostanze psicotrope, alcolismo in giovanissimi.
Ma sono quattro gli ambiti, secondo Goleman, autore di ‘Intelligenza emotiva’, dove dobbiamo porre la nostra attenzione: 
  • Chiusura in sé stessi e problemi sociali: preferenza a restare soli. Non comunicare. Rimuginare in silenzio. Sentirsi infelici e privi di energia. Eccessiva dipendenza da altri.
  • Ansia e depressione: essere soli. Avere paure e preoccupazioni. Avere modelli troppo elevati. Non sentirsi amati/accettati. Sentirsi nervosi e depressi.
  • Difficoltà attentiva e riflessiva: incapacità di prestare attenzione e di restare seduti tranquilli. Fantasticare a occhi aperti. Agire senza riflettere. Nervosismo e risultati scadenti a scuola. Avere pensieri fissi.
Non è delinquenza: frequentare compagnie che si mettono nei guai. Mentire e imbrogliare. Litigare spesso. Trattare con cattiveria gli altri. Disobbedire a casa e a scuola. Essere testardi e avere umore mutevole. Parlare troppo. Prendere in giro gli altri in maniera eccessiva. Essere collerici.
(Goleman-Intelligenza emotiva)

Gestire emozioni e conflitti

Molto di questo può farsi risiedere nell’incapacità di gestire le emozioni, i conflitti. Non essere in grado di gestire le frustrazioni per i giovani, significa reagire di fronte a un rifiuto o a qualcosa che non va come dovrebbe, con reazioni inconsulte che possono portare, come vediamo accadere sempre più spesso, a conseguenze estreme.
 
Ragazzi che reagiscono a piccole provocazioni con una spietatezza che deve farci riflettere.
Sempre Goleman, che è stato il primo, ma altri si sono mossi dopo di lui, afferma che: “il temperamento, che si palesa ben chiaro già dai primi mesi di vita, non può e non deve essere il destino”.
 
Ad esempio, molte madri hanno nei confronti dei figli timidi, un istinto di protezione eccessivo che è deleterio e peggiorativo. Starà ai genitori, invece, tranquillizzare un bambino particolarmente timido, spronandolo con piccole richieste che lo stimolino a rendersi autonomo gratificandolo poi nei successi.

Riconoscere le proprie emozioni

Il riconoscimento delle emozioni, appunto quella ‘intelligenza emotiva’ che dovremmo preoccuparci di insegnare nelle scuole e nelle famiglie, è in pratica saper riconoscere le proprie emozioni senza diventarne vittime.
 
Un aspetto fondamentale è la gestione della frustrazione. Un bambino molto piccolo deve necessariamente  avere una rapida soddisfazione dei suoi bisogni quali fame, sete, freddo, ma già intorno ai 2/3 anni riesce a capire e a controllare un bisogno primario, per un ragionevole lasso di tempo, in attesa di arrivare a casa o altro.
 
A sette anni un bambino è perfettamente in grado di capire e di gestire una frustrazione derivante dal ritardo di una risposta verso i suoi bisogni.  
 
La famiglia, in tutto questo, si può definire “un’arena”. Si, la famiglia deve essere un’arena nella quale il bambino/adolescente, futuro adulto, dovrà imparare a manifestare le sue necessità e a lottare anche, per ottenerle. Quali il bisogno di maggior indipendenza, poter gestire il proprio spazio/tempo, la gestione di soldi e di libertà vanno conquistate, contrattate, negoziate con i genitori.
 
Altrimenti, la soddisfazione immediata di tutte le sue esigenze, da parte di genitori compiacenti, creerà un adulto prepotente, iroso e aggressivo che non avrà imparato a modulare le sue pretese.
Sarà fondamentale che impari a rispettare regole, orari e impegni scolastici e domestici e a rispettare le necessità altrui. 
 
Oppure rimproverare i figli ma non essere in grado di fa vivere loro pochi minuti di “sana mortificazione” correndo a consolarli. Questo vanificherà il rimprovero facendo perdere ulteriormente credibilità.
 
In cambio di ciò l’adolescente otterrà a mano a mano, conquistandosele sul campo, maggiori libertà di espressione e movimento. Bisogna insegnare che si può mediare, che non si deve reagire ad una provocazione ma che c’è l’empatia, questa difficile parola, che dettaglia una capacità dietro la quale c’è altro. Una persona empatica sa essere compassionevole, sa comprendere il disagio dell’altro e riuscire ad aiutarlo o almeno a provarci.
 
Un’interessante osservazione sulle scuole è, che oltre l’insegnamento nozionistico, dovrebbe essere impartito un insegnamento sulla comprensione e gestione delle proprie emozioni che, se non riconosciute, potrebbe portare a drammatiche conseguenze.
 
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